Fra attimo e atmosfera, impeto e sedimentazione, introiezione e rappresentazione, Rosanna Di Marino modula il suo ondulato e frastagliato percorso pittorico. Le sensazioni, le emozioni, le riflessioni della mente e del cuore vanno tanto oltre la greve e piatta ripetitività oggettiva. Il vero più vero, che appare sussulta, geme, freme e scompare, si frantuma si scheggia, si ricompone, si aggruma come estensione, costruzione, fervida e tesa e sedimentazione di palpiti, incanti, brividi, stupori, sospiri. L’Arte si spettacolarizza, bisbiglia, si ritrae. Il tutto si fa niente, l’evanescenza si fa consistenza brulicante di vero fra baluginii di mistero e di reale, di suggestioni e intuizioni che scostano l’opaco apparire e frugano, insistenti, fra gli intrichi, i viluppi, i labirinti della vita. Il segno si fa labile impronta, sfinimento e allusione evocazione e pena, deiezione e affermazione di verità. Il colore snervato, smoccolato, illividito, scialbato, ora intenso, denso, aggrumato, screziato, ora appena sfaldato, sfumato, parsimoniosamente elargito, non si crea spareggi, discrasie o ruvido impatto. Crea effervescente equilibrio, sussultante empatica armonia. Le concrezioni pittoriche di Rosanna Di Marino, artista che assiepa consapevolezza tecnica e risorse interiori, fiondano l’elan vital di Bergson quella spinta creativa, dinamica che consente la comunicazione fra uomo e realtà, fra soggetto e dato oggettivo che lontano da fumisterie arzigogoli esornativi e pacchiane risoluzioni si fanno davvero un tutt’uno. Nietzsche nella “Nascita della tragedia” riprendendo il principio delle dualità fra istinto e ragione la rappresentativa nella scansione volontà-rappresentazione, facendo corrispondere il dionisiaco all’ebbrezza all’impulso della volontà e l’apollineo, al sogno, all’idea, alla rappresentazione. Rosanna Di Marino risolve l’eterna dualità, lo scontro che lacera la vita e l’Arte. La grazia, la serenità, l’equilibrio si mantecano con la vis creativa: le sue opere lo gridano a bassa voce, nella luce sfolgorante della penombra. Tutto si compatta e si slarga in accenti di comunione con l’umanità. L’incontenibile disagio a resistere nei rigidi steccati dello spazio e del tempo, della solitudine e dell’inerzia, spingono la Di Marino ad andare oltre. L’Arte è il suo approdo naturale. Le sue creazioni in un frastaglio di sensazioni e emozioni, come attimi di vertigini si sciolgono in palpiti, in rivelazioni, sono i fervori i fremiti gli affioramenti di un animo delicatamente pensoso. Pollock, Sol Lewitt, Dalì, Roshko sembrano assistere al lungo e ombrosamente luminoso viaggio dell’artista. Sembrano accompagnarla con trepida attenzione. Ma distolgono gli occhi quando ella va lontano, tanto lontano, oltre il loro sguardo.
Luigi Crescibene – Critico d’Arte.